L'ultimo viaggio verso l'arcobaleno
Ultimo viaggio verso l’arcobaleno, il nuovo romanzo di Fabrizio Coniglio, assomiglia a un gioco di scatole cinesi. Ambientato fra le vallate dolomitiche, nei luoghi cari all’autore che già avevano costituito lo sfondo del suo La valle delle rocce rosa (2006), di cui quest’ultima fatica rappresenta un’ideale prosecuzione, è concepito con capacità e leggerezza, calibrando meccanismi narrativi e colpi di scena. Evidente è la prevalenza di una scrittura per immagini, di un ingranaggio scenografico ben oliato che renderebbero il romanzo appetibile anche per una trasposizione filmica. Tra sensi di colpi e agnizioni, contrasti generazionali e ricordi, la trama si sviluppa incalzante, pur mantenendo una narrazione corsiva. Il protagonista agisce o, piuttosto, è agito da un destino capriccioso che mescola di continuo le carte. Nell’improvviso deragliare degli eventi, la vicenda – allo stesso tempo sentimentale, noir, d’azione, fino all’inatteso finale – si rivela specchio della vita e delle sue infinite variazioni; dove nulla è come sembra e ciò che conta, più che il traguardo, è il viaggio stesso. L’Autore riesce, senza retorica, ma con decisione a ristabilire equilibri nel flusso delle emozioni, in favore di un impegno, anche etico, primario: il valore dei rapporti umani, la forza dell’amore e la ricerca della felicità, su questa terra e Altrove.